Credo che ognuno di noi abbia il diritto di scegliere che tipo di vita vuole viversi, fatta di emozioni, progetti e stile di vita e di vita alimentare.
L’obiettivo però dovrebbe essere comune: cambiare le carte in tavola e riprenderci il nostro Mondo in piena armonia con amore e compassione.
Sono per prima cosa Laura e da sette anni mi nutro senza derivati animali tanto che mi sono appassionata professionalmente di cucina naturale vegetale plant based e ringrazio davvero di essere giunta a questa scelta di vita. La protagonista dell’alimentazione sana è per me la natura stessa di cui il nostro corpo ne è parte integrante e per questo ne deve essere rispettoso.
Chi cucina come faccio io quindi, ha per me un ruolo davvero importante: trasformare il cibo mantenendo la sua essenza naturale e cucinare con amore ogni singolo ingrediente rispettando la vita di ogni essere vivente.
Il cibo che scegliamo deve essere fresco, proveniente da un luogo vicino, rispettando la stagionalità, mentre le ricette a cui dovremmo fare riferimento sono quelle della nostra tradizione popolare contadina, in cui i cereali, i legumi, la verdura, la fermentazione e il foraging erano i protagonisti indiscussi.
Tempo fa adoravo la carne e mi ritenevo carnivora. E come me, anche i miei genitori. Sono nata quindi con la convinzione che tutto quello che mi si metteva a tavola era corretto, buono e sano. La società, la televisione, i medici, gli altri… erano uguali a me, quindi ero nel giusto. Poi un giorno ho aperto gli occhi, mi sono ammalata, ho iniziato a documentarmi e ho capito che purtroppo non era così.
Una cosa è sicura: sappiamo benissimo tutti (anche se non vogliamo ammetterlo e ci urta sentirlo dire), che un nutrimento vegetale ed integrale costituisce di gran lunga la scelta migliore. Sotto ogni aspetto. Per il corpo, per la terra, per gli animali.
Il nostro organismo conosce questa via da tempo immemore. Siamo frugiferi e non carnivori come ci hanno sempre detto e i nostri antenati sono arrivati a cacciare carne per sopravvivenza causa mutamenti climatici non dimenticando che comunque avevano bisogno di mangiarla cotta per digerirla. Non abbiamo mai avuto i canini e lo stomaco dei predatori: è stata solo un’emergenza dettata dalla situazione che però in seguito abbiamo sfruttato trasformando la caccia in allevamento e che col passare dei secoli è andata purtroppo a peggiorare sempre più.
Per non andare troppo indietro nel tempo, i nostri nonni prima e dopo la guerra mangiavano raramente carne, pochissimi capi (per chi poteva permetterseli) allevati con materie prime naturali, erbe selvatiche, spostamenti (transumanza) aria aperta e sole. Coltivavano grano, legumi, verdure nel rispetto della fertilità del terreno e rispettando le giuste pause. Spesso digiunavano o erano costretti a digiunare.
E il nostro corpo sin dall’antichità è sempre stato più abituato al digiuno, a sopportare le carestie che alla sovrabbondanza di cibo.
Ora invece si è invertito tutto.
Devastanti per gli animali, per il pianeta, per l'uomo, gli allevamenti intensivi si espandono sul suolo terrestre e nei mari come immense, spietate chiazze tossiche, divorando salubrità e risorse di ogni sorta. All'interno di essi, cardine dell'industria globale del cibo, finisce la metà degli antibiotici fabbricati al mondo, mentre le monocolture di cereali e soia, che da sé potrebbero nutrire miliardi di persone ma sono invece destinati al bestiame, causano deforestazioni impoverendo per sempre gli habitat naturali.
La beffa più grande? Quella sanitaria provocata dagli effetti di un cibo di qualità sempre più scarsa.
Ecco, non so voi…ma a me questa prospettiva di futuro non è piaciuta molto così con l’appoggio della mia famiglia ho deciso di oppormi rispettosamente e non subire.
L’essere vegani che detto così da l’idea di una malattia o una setta (e sta cosa non mi piace) è una scelta di vita. Vedetela come un grande passo verso un mondo migliore che nutre il corpo, l’anima, coinvolgendo non il singolo individuo ma l’intero insieme di cui egli è parte.
Non si diventa certo da subito così, bisogna fare piccoli passi, altrimenti poi diventa stressante e si perde l’obiettivo.
Piano piano, con la predisposizione mentale di voler cambiare e soprattutto ascoltando il proprio corpo e le sue esigenze, si inizia a togliere un qualcosa e si aggiunge un qualcos’altro.
Il mio passaggio di crescita è stato: autoproduzione a casa eliminando ogni tipo di prodotto industriale raffinato ed eliminando i prodotti ad alto indice glicemico, poi vegetariana ed infine senza nemmeno accorgermi il diventare vegana è arrivato “indolore” (nel caso qualcuno pensasse che si soffra!).
Solo nel periodo fine primavera ed estate mi concedo di seguire un’alimentazione raw cioè crudista, cosa che non rispetto in inverno dato che vivo in pianura padana, con un’alta percentuale di umidità e basse temperature tanto che il mio corpo richiede pietanze calde e cotte.
Non è una moda, (per chi va solo ai ristoranti a fare il vip si), qui si cuociono cereali, si ammollano legumi, si spaghettano verdure, si essicano frutte, si massaggiano le pietanze, si usano fantasia ed inventiva per rendere il piatto gustoso, bello, saporito, alcalino e sano.
Si imparano tecniche che mantengono tutte le proprietà ed enzimi affinché un giorno si possa stare bene fisicamente, mentalmente e tantissimo spiritualmente fino ad arrivare alla vecchiaia (non all’immortalità!) in un altro modo, magari più dignitoso senza tralasciare la pace con noi stessi per aver contribuito a migliorare la Terra per le prossime generazioni e specie animali.
E’ impegnativo mangiare vegano certo, quando si torna a casa e si deve “spadellare” ci si ricorda magari come era splendido aprire la confezione di fettina di vitello o pollo, di insalata già lavata, di affettato, di sofficini…ma era davvero poi così bello? Semmai era comodo.
Si, perché in fondo la società di ora ci costringe a dimenticare quanto è gratificante lavare, pulire, cucinare un alimento, autoprodursi (impasti, conserve, detersivi) e a coltivare. Come a stare a tavola, mangiando e masticando piano, parlando con i familiari e godendo della loro presenza senza televisione accesa o smartphone da guardare… tutto questo sentendosi felici di aver cucinato per loro.
Ci fanno lavorare più di otto ore al giorno, a qualsiasi ora senza lasciarci il tempo di decidere, di prenderci pause e facendoci correre sempre. È un controllo di massa… e guarda caso parte anche dall’alimentazione.
Usciamo quindi dagli schemi e cerchiamo di trovare un Peace Food, un cibo che dà pace, serenità, salute e amore. Facciamolo per noi che abbiamo una macchina fantastica che è il nostro corpo, la nostra mente e vedrete che poi anche il nostro stile di vita cambierà riuscendo a modificare l’andamento di questo mondo fatto: di intolleranze alimentari, malattie autoimmuni ed aggressive sempre più premature, di allevamenti intensivi, di sfruttamento umano e non, di inquinamento e povertà. Dove ci considerano dei numeri e non splendidi individui.
E comunque rispettiamoci per le nostre scelte.
No all’estremismo o antipatie infondate sia da una parte che dall’altra.
Io dico la mia e vivo la mia vita, tu se vuoi mi ascolti ma comunque della tua vita puoi fare quello che vuoi. Appunto perché è tua.
E meriti rispetto come altrettanto lo merito io.